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Il politico ed il paladino

La cronaca, di qualche settimana fa, ci consegnava la notizia secondo la quale il sindaco di Lainate avrebbe redarguito un suo cittadino che, per puro spirito civico, aveva chiamato i vigili per far spostare un furgone (parcheggiato sulla ciclabile) e sul quale furgone il figlio, per di più, era andato a sbattere con la bicicletta ferendosi al volto.

Tale cittadino è stato ripagato per il suo senso civico con una multa che i vigili hanno elevato nei confronti del figlio che non avrebbe saputo condurre la bicicletta come si deve.

Il commento del Sindaco di Lainate ci lascia abbastanza perplessi: “ (..) avrebbe fatto bene a prendersi il figlio ammaccato e a tornarsene a casa senza fare il paladino”.

Paladino deriva da “comes palatinus” ossia conte di palazzo: erano all’inizio i 12 cavalieri della cerchia ristretta di Carlo Magno. Tale appellativo poi ha preso una connotazione più ampia andando a definire persone di grande coraggio.

Ed è proprio interessante la concezione del coraggio con la quale il sindaco di Lainate avrebbe rivestito il suo concittadino elevandolo addirittura a Paladino, per il semplice motivo di aver chiamato i vigili per far multare un furgone parcheggiato su una ciclabile, è evidentemente completamente deformata. E se applicata al sindaco stesso, quello di Lainate, che neanche per una banale multa per divieto di sosta, lui, avrebbe fatto nulla, perché meglio non farlo il Paladino, meglio fregarsene e tornarsene a casa, anche quando c’è da dare un insegnamento di senso civico e costituzionale ad un bambino, allora ci si chiede perché abbia deciso di entrare in politica.

Cosa dovrebbe essere la Politica allora? E cosa la politica è diventata per taluni?

Poche settimane fa abbiamo avuto l’onore di presentare un libro dell’ex Sindaco di Casal di Principe Renato Natale: “Io Casalese che non sono altro” (Rubbettino editore).
Il libro è autobiografico e raccoglie la vita pubblica, ma anche privata di Renato, con la certezza che nel suo caso la vita pubblica è entrata prepotentemente anche nella vita privata della sua famiglia.

Il 19 Marzo 1994, proprio durante il mandato da Sindaco, a Casal di Principe viene assassinato dalla camorra Don Peppe Diana. Don Diana viene assassinato per la sua attività, condivisa dal sindaco, contro la criminalità organizzata che lo porta, all’apice della sua battaglia, a scrivere il documento “Per il bene del mio popolo, non tacerò”, che viene distribuito nel Natale del 1991.

Appena saputo dell’assassinio di Don Diana, Renato vacilla, ha paura: non tanto per sé, ma per quello che potrebbe capitare ai componenti della sua famiglia.

Eppure, nel momento più duro e nero della sua vita politica, è proprio dalla sua famiglia che gli arriva il sostegno più forte. La famiglia legge negli occhi di Renato la paura e la voglia di andarsene e, in uno dei momenti più drammatici dei cittadini di Casal di Principe, ma senza esagerazioni direi dell’Italia intera, è proprio la moglie di Renato che gli ricorda che in un momento così drammatico il posto del primo cittadino, il posto del politico, è accanto al dolore del suo popolo.

E lui non solo è rimasto dov’era il dolore, con tutta la sua famiglia, ma riscatta un paese intero il cui appellativo Casalese era prima una identificazione dispregiativa indicante corruzione e malavita. Oggi lo è solo per chi non è attento al percorso che ha fatto Renato con il suo popolo.

Renato non è un Paladino. Renato è una persona per bene, come ce ne sono tante a Casal di Principe, che si è assunta la responsabilità costituzionale che viene demandata a tutti i cittadini italiani: quella di concorrere tutti, con il proprio lavoro, al miglioramento del bene comune. Renato lo ha fatto essendo rivestito di una ulteriore responsabilità: quella di politico e di amministratore.

Già perché gli incarichi pubblici non servono a nulla se il politico vuole semplicemente farsi i fatti propri: in una società come la nostra, non è permesso neanche ai cittadini farsi i fatti propri. Figuriamoci a chi ha un mandato politico!

Qualsiasi incarico pubblico, infatti, deve essere sentito come una responsabilità ulteriore a rendere le cose migliori, fosse anche educare al rispetto delle regole della strada, ad insegnare ad un figlio che non bisogna fregarsene delle regole, ma che bisogna rispettarle anche quando un sindaco non sia d’accordo, perché, fortunatamente, ci sono tanti altri sindaci e persone comuni che non la pensano come quello di Lainate e che impegnano la loro vita tutti i giorni per ben altro! E non significa fare gli eroi.

Significa avere una responsabilità civile di una cittadinanza ed interpretarla secondo “un’attività etica ed intellettuale volta al raggiungimento della giustizia e del bene comune” (Πολιτικός, dialogo scritto da Platone dopo aver visitato, qui in Sicilia, Siracusa nell’anno 366- 365 a.C.)
La retorica dell’eroe, del paladino, è stata inventata proprio da coloro che vogliono farsi i fatti propri e qualificano quale azione cavalleresca e leggendaria, una banale azione che dovrebbe essere percepita invece, e soprattutto da un primo cittadino, come normalità.

Sorprende quindi ancora di più nel caso di Lainate, quanto sia bassa oggi, per alcuni, la soglia per essere consacrato cavaliere del Sacro Romano Impero: non serve più salvare persone o combattere per una giusta causa rischiando la propria vita. A Lainate Paladino si diventa chiedendo ai vigili urbani di liberare una ciclabile da un furgoncino in sosta vietata.

Dovremmo ragionare noi cittadini sulla tipologia di politico che vogliamo. Votare coloro che hanno a cuore l’intera comunità e non chi ha a cuore esclusivamente il proprio tornaconto e chi assume la cappa e la spada per sentirsi scintillanti. Cappa e spada si prendono per combattere e stare in prima linea. La politica è impegno che spesso ci porta fuori dai nostri interessi lavorativi e culturali, e alla quale attività si viene chiamati perché riconosciuti capaci e degni di rivestire tanta responsabilità: esclusivamente per la normalità del bene comune.

In Siracusa il 20 di Agosto 2025

Christian Rocchi

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